Scuola tradizionale o scuole innovative? Curriculum italiano o internazionale? All’estero fanno sempre tutti meglio?  Qualche considerazione generale.

Il dibattito è continuo e piuttosto acceso. Nonostante la Scuola non occupi i primissimi posti delle agende politiche, il tema dell’innovazione a Scuola è molto aperto e sentito. Quasi ogni settimana i media danno in pasto all’opinione pubblica dati spesso assolutamente parziali che metterebbero in luce le carenze del sistema  e i soliti ritardi del Bel Paese, o anche autorevoli e tormentati esponenti della cultura si levano a difesa della tradizione sottolineando la bontà di alcuni nostri pilastri educativi. Dove sta il “busillis”? Forse, come per quasi qualsiasi problema, dipende da che punto di vista si guarda. Ad oggi, sembra che il sistema della pubblica istruzione, piuttosto tradizionale e tradizionalista, basi i suoi programmi  e progetti educativi più innovativi sul buon senso di dirigenti e insegnanti illuminati, mentre il sistema privato, che pure è fiorente e vivace, cerca di fare innovazione accogliendo stimoli e progetti di solito provenienti dall’estero, dove, come sempre, sembra che si faccia tutto meglio.

Proviamo a considerare alcuni dati di fatto. La scuola pubblica è un sistema di per sé conservativo, sia per il fatto che l’innovazione è costosa e spesso i budget sono limitati, sia perché gli insegnanti,  sono comunque tendenzialmente portati a riprodurre lo schema che funziona da sempre sullo svolgimento del programmi. Quindi, lo svolgimento dei programmi sembra essere l’obiettivo principale. Da cui non si può prescindere perché è un obiettivo oggettivo.

D’altra parte, il sistema privato ha budget certamente di maggiore ampiezza, ma si trova nelle condizioni di proporre continuamente innovazione per risultare attrattivo. E’ un fatto che  le famiglie italiane stanno aumentando la loro volontà di spesa verso l’istruzione, cosa storicamente piuttosto nuova,  anche spinti dalla necessità, oltre che dalla volontà, di garantire alla progenie migliori opportunità per il futuro. In un mondo in cui la competizione aumenta quotidianamente, certamente avere più “frecce al proprio arco” rappresenta un vantaggio indiscusso.

Inglese e digitale. Ecco le parole magiche che animano quasi qualsiasi open day e pongono i genitori di fronte a scelte difficili. Cosa è meglio? Come è meglio? Quanto è meglio?

Difficile in termini assoluti rispondere a codesti quesiti. Forse, in senso più filosofico si potrebbe eccepire sull’uso del concetto di  meglio senza un adeguato termine di paragone.  O si potrebbe forse avventurarsi ad immaginare il mondo ideale dove meglio è non un assoluto, ma un relativo a ciascun essere. Meglio per chi quindi? Per il bambino persona che diventa adulto persona!

Quindi, questo che significa? Significa banalmente che nella scelta di qualsivoglia sistema educativo non si dovrebbe mai prescindere da due elementi: il potenziale che si intravede nel piccolo discente e il modello pedagogico che la scuola propone. Modello pedagogico e cioè  tecnico, relativo allo sviluppo della persona nella sua interezza, che rispetta le tappe evolutive del cervello e non solo del cervello cognitivo, ma del cervello emozionale e del cervello sociale! In una parola, dove il modello educativo guida e non dove guida il business o la moda.  E dove si ponga un’attenzione particolare allo sviluppo  delle capacità o abilità personali, le tanto menzionate “soft skills” e  prime tra tutte, abilità sociali fondamentali, quali il lavoro di gruppo e il rispetto delle regole.

A volte, il Bel Paese ha questo vantaggio…che arrivando dopo, non solo osserva gli altri, ma magari non ne riproduce errori!